Con l’accordo sul clima industria del gas al test della domanda
I consumi italiani potrebbero calare di un quinto al 2030
Investire sul gas non basterà all’Italia per raggiungere gli obiettivi sul clima dell’Accordo di Parigi. I consumi di questo combustibile, la fonte fossile meno inquinante, spesso indicata come il «ponte» ideale verso la decarbonizzazione, dovranno anzi diminuire di oltre un quinto al 2030 se vogliamo davvero ridurre le emissioni di Co2 nella misura richiesta dagli impegni europei. È questa la conclusione di uno studio realizzato dall’Associazione italiana economisti dell’energia (Aiee) per conto di Federmanager, che su questa base ha costruito le sue proposte per la nuova Strategia energetica nazionale (Sen).
Lo studio – anticipato al Sole 24 Ore in vista della presentazione in un convegno stamattina a Roma – solleva interrogativi che faranno senza dubbio discutere sull’opportunità di aulteriori infrastrutture per il gas, che siano terminali di rigassificazione o metanodotti aggiuntivi. Anche assumendo che le attuali politiche energetiche rimangano inalterate, scenario che l’Aiee definisce Tendenziale, il gas «difenderebbe la sua attuale quota al 2020 per poi finire al 36% del totale nel 2030»: un incremento minimo rispetto all’attuale 34% del mix energetico primario. Nello Scenario Ue-2030 la domanda subirebbe invece un vero e proprio crollo al 203o: -23% rispetto al 2014 e addirittura -45% rispetto all’anno di picco, il 2005.
In termini assoluti la contrazione sarebbe ancora più rilevante, perché lo studio prevede che – anche con un’economia in crescita dell’1% l’anno tra il 2020 e il 2030 – il fabbisogno totale di energia diminuirà: i consumi primari, già scesi ai livelli inferiori a quelli del 1995, intorno a 170 Mtep, nel 2030 dovrebbero ridursi di altri 32 Mtep con politiche stabili e di 42 Mtep nello scenario di decarbonizzazione, che persegue una maggiore efficienza energetica. Il resto della riduzione dipenderebbe da cambiamenti strutturali del nostro sistema economico, in sostanza dalla deindustrializzazione (processo peraltro già iniziato da tempo).
In compenso l’Aiee prevede che nei prossimi 13 anni aumenterà la richiesta di energia elettrica, «fino quasi al picco del 2007», con un’indice di penetrazione che raggiungerà il 26%. Merito (anche) di una maggiore diffusione delle auto a batteria, con 3,1 milioni di veicoli passeggeri elettrici o ibridi attesi in circolazione nel 2030 (l’avanzata comunque scalfirà di poco il predominio del petrolio, che continuerà a soddisfare l’83% dei consumi nei trasporti).
Lo studio non risparmia le critiche allo sviluppo disordinato delle rinnovabili in passato, che ha comportato pesanti e persistenti oneri di sistema, anche se ci permetterà di centrare senza troppe difficoltà gli obiettivi del Pacchetto clima energia 2020. Le fonti “verdi”, in particolare fotovoltaico ed eolico, dovranno comunque crescere ancora nello Scenario Ue-2030, addirittura del 65% rispetto al 2014, passando dal 19% al 31% del mix di fonti di energia primaria. E «saranno sicuramente necessari nuovi incentivi», aggiunge l’Aiee, anche se magari di natura diversa e meno onerosa, come la defiscalizzazione.
Gli investimenti necessari nel settore elettrico dovrebbero essere tra 7 e 14 miliardi di euro l’anno tra il 2021 e il 2030, ma per l’Italia il costo dell’energia scenderebbe di 3-4 miliardi. Non solo. «La prima opportunità rimane l’effetto positivo per l’ambiente – ricorda il presidente di Federmanager Stefano Cuzzilla – ma lo sforzo da compiere porta benefici per l’intero ciclo economico, in termini di riduzione della dipendenza energetica e della bolletta per il cliente finale».