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Le polveri tornano a salire e le reti idriche peggiorano

Ribaltato il trend positivo dell’anno precedente – Depuratori ok

Tira una brutta aria, nelle città italiane. Nel vero senso della parola: i timidi progressi dello scorso anno appaiono soffocati dalle statistiche attuali, riferite al 2015, con tutti i parametri che segnalano standard in peggioramento. In un comparto che è in assoluto il secondo per importanza tra quelli presi in considerazione dall’indagine annuale sull’Ecosistema urbano (in quanto incide per il 23% sul totale della classifica, con le polveri sottili che da sole si “aggiudicano” l’11% e sono al secondo posto tra i 17 indicatori considerati) il bilancio vira sul rosso e l’unica parziale giustificazione può essere fornita dalla totale assenza di pioggia, che l’anno scorso ha costituito un serio problema per settimane o per mesi interi, con ripercussioni non da poco – com’è ovvio – sulla qualità dell’aria.
Fatto sta che andiamo male. In media la concentrazione delle polveri sottili è tornata a peggiorare e, tra l’altro, salgono da quattro a otto i capoluoghi in cui almeno una centralina supera il valore medio annuo di 40 microgrammi per metro cubo, considerato il limite per la protezione della salute umana, mentre a Milano e a Frosinone si va oltre quota 40 anche come media di tutte le centraline urbane. In fondo alla classifica si trovano soprattutto centri della Pianura padana. Sono 15, all’estremo opposto, le città che hanno un valore medio inferiore a 20, con Pisa che capeggia la graduatoria a 14.
Enna, che è seconda per scarsa concentrazione di polveri sottili, fa registrare valori ancora migliori per il biossido di azoto, fermandosi a 3,5 microgrammi per metro cubo e ottenendo il primato “di tappa”. Grandi città come Milano, Torino, Bologna, Roma e Palermo chiudono una classifica a sua volta in peggioramento, visto che il dato medio nazionale è tornato ad aumentare, raggiungendo quota 31,2 contro il 29,3 dell’anno precedente.
E non si sta meglio quanto a ozono, anzi: sale notevolmente, da 28 a 59, il numero di città nelle quali è stato superato in media il valore di 25 giorni all’anno di superamento della soglia di 120 microgrammi per metro cubo: se, nel corso del 2015, in 11 località l’evento non si è mai verificato, ce ne sono più o meno altrettante dove il superamento è avvenuto in più di 70 giorni (a Genova addirittura 88).
Sul fronte dell’acqua il quadro è più variegato. Ai fini dell’indice generale le tre graduatorie di questo comparto contano per un complessivo 14 per cento. L’arretramento si registra sulla dispersione della rete idrica: tubature che già negli anni scorsi mostravano falle preoccupanti e che adesso risultano ancor più malandate, se si pensa che nel 2015 aumentano da 51 a 55 le città con perdite oltre il 30% e che il valore medio nazionale sale dal 33 al 35 per cento. Macerata, regina di questa edizione di Ecosistema urbano, coglie qui il suo unico primo posto per un parametro specifico, disperdendo solo l’8,6% delle risorse idriche immesse. Per contro, a Cosenza, Frosinone, Campobasso, Latina, Salerno e Vibo Valentia i valori si impennano oltre il 60 per cento.
Situazione migliore per i consumi idrici domestici, con il consumo di acqua potabile pro capite che scende, come media nazionale, a 151,4 litri rispetto ai 154,4 dell’indagine precedente. In evidenza il Centro-Sud: Ascoli Piceno è l’unica a rimanere sotto il livello di 100 (si ferma a 99,6) e per contro una sola città del Nord (Parma, nona a quota 121,6) compare tra le prime dieci. In fondo alla graduatoria alcuni valori esorbitanti – in particolare i 350,7 litri di Reggio Calabria – sono, secondo i curatori della ricerca, probabilmente riconducibili a utenze non domestiche ma contabilizzate come tali.
Infine, il tasso di depurazione, con la tabella di competenza che non è presente in pagina, ma si può consultare online. Un settore per cui si può parlare di complessivo miglioramento, con 53 capoluoghi che vedono più del 95% di abitanti allacciati alla rete. Tra queste località virtuose l’eccellenza è costituita da 17 città che vantano addirittura il 100% e altre 14 lo sfiorano arrivando a 99. Le buone performance sono distribuite su tutto il territorio nazionale, mentre Catania, all’ultimo posto, non va oltre il 56 per cento.