Lavori in casa, il bonus corre (+24%)
A gennaio-luglio investimenti agevolati a 16,1 miliardi, previsione di record storico a 29 miliardi per fine anno (+16%)
I due bonus per i lavori in casa, quello del 50% per le ristrutturazioni e quello del 65% per il risparmio energetico, non si fermano, anzi corrono veloci. Nei primi sette mesi dell’anno il Fisco ha operato ritenute per 1.060 milioni che corrispondono a un investimento agevolato di 16.165 milioni, il 23,8% più del livello 2015. Il dato è contenuto nell’ultimo Rapporto dedicato all’impatto degli incentivi fiscali da Servizio studi della Camera e Cresme. Il Rapporto, che è stato commissionato dalla commissione Ambiente della Camera, entrerà nella documentazione ufficiale dell’indagine conoscitivo che la commissione sta svolgendo.
Nel documento è contenuta anche una previsione per l’intero anno 2016, a cura del Cresme, sulla base dei dati di luglio: l’Istituto di ricerca si attende 1,7 milioni di domande complessive (1,39 milioni per le ristrutturazioni edilizie e 328mila per il risparmio energetico) per un investimento complessivo di 29,2 miliardi (comprensivo dell’Iva) che segnerebbe il record storico assoluto dopo i 27,9 miliardi del 2013, i 28,4 miliardi del 2014 e i 25,1 miliardi del 2015.
Il successo straordinario dell’incentivo fiscale non è dato solo dal valore assoluto degli investimenti, che rappresentano il 60% del totale degli investimenti in recupero abitativo e il 42,5% del totale della spesa per recupero edilizio in senso lato (compresi gli stabilimenti produttivi e gli edifici pubblici), ma anche da altri due parametri fondamentali: il numero delle domande presentate, che dal 1998 a fine 2016 supera i 14,3 milioni, dando il segno di un’agevolazione largamente diffusa e molto ben nota ai cittadini (se si considera la stima Istat di 25,9 famiglie, le domande presentate sono pari al 55%); il numero degli occupati che equivalgono a 291mila posti di lavoro nel 2016 e a un totale di 1,46 milioni di posti di lavoro cumulati negli anni 2011-2016.
Un aspetto interessante del rapporto è quello dell’impatto sui conti dello Stato, considerando che i due bonus sono leve fondamentali su cui il governo e il Parlamento intendono agire nella legge di Bilancio, prorogandoli e potenziandone la capacità di intervento su condomini e su attività di prevenzione antisismica.
Dalla relazione si evidenzia quindi che quello del bonus non è solo un costo per lo Stato. «La valutazione dell’impatto economico della spesa sostenuta nei diciannove anni che vanno dal 1998 al 2016, utilizzando il procedimento di stima per l’intera durata degli incentivi fiscali in termini di defiscalizzazione, vale a dire dal 1998 al 2026 – afferma una sintesi del Rapporto – evidenzia come il costo per lo Stato, dovuto ai minori introiti conseguenti agli incentivi, ipotizzando che gli aventi diritto beneficino interamente degli incentivi nel corso del tempo, ammonta a 108,7 miliardi di euro (5,7 miliardi di euro l’anno), mentre il gettito fiscale e contributivo in base alla legislazione fiscale vigente, se tutto si svolgesse con regolarità, sarebbe pari a 89,8 miliardi di euro (4,7 miliardi di euro annui). Il saldo totale sarebbe quindi negativo per 18,9 miliardi di euro, pari a poco meno di 1,0 miliardo di euro medi annui ma allo stesso tempo sarebbero stati attivati tra pubblico e privato 237 miliardi di euro di lavori, 12,5 miliardi di euro di lavori all’anno».
Non finisce qui. «Considerando che lo Stato incassa i proventi spettanti nell’anno di esecuzione dei lavori, e distribuisce la maturazione dell’incentivo nell’arco di tempo di dieci anni, introducendo nella riflessione elementi di natura finanziaria ed attuariale, l’esito della valutazione cambia e si trasforma da negativo a positivo o neutro. Infatti attualizzando i valori in gioco per il periodo in esame, si evince come la politica di incentivazione edilizia e energetica abbia generato per lo Stato, una plusvalenza di 0,3 miliardi di euro».
La Ragioneria generale potrebbe fare obiezioni formali a questo conto, utilizzando parametri di legge. Resta il punto fondamentale e sostanziale da cui non si può sfuggire: questo è fisco che ha creato sviluppo, ha evitato una crisi ancora più grave del settore edile e alla lunga produce un beneficio anche per i conti dello Stato in termini di imposte incassate e soprattutto di attività economiche che restano in piedi e, per questa strada, potrebbero essere rilanciate. Una conclusione di cui sono ormai convinti anche al ministero dell’Economia come dimostra che proprio il Mef sta studiando, insieme al ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, l’ampliamento dello strumento.
DA FONTE IL SOLE24ORE