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I big alla sfida degli investimenti, dall’auto elettrica alla mobilità

Difficile indovinare i tempi giusti, ma investire è inevitabile: il rischio è lasciare il passo a Tesla e ai colossi digitali

Il futuro costa caro e costerà sempre più caro di pari passo con l’avanzamento del progresso tecnologico. Il recente Salone di Parigi ha visto decine di novità (presenti e future) in un campo come l’auto elettrica, mentre i sei mesi precedenti avevano visto decine di annunci di alleanze e acquisizioni in settori come l’assistenza alla guida e la connettività. In un recente report sul settore auto, l’agenzia di rating Moody’s scrive che «tra le sfide principali per i costruttori europei ci sono i costi crescenti per le regole più severe sulle emissioni e per lo spostamento verso propulsori alternativi al motore a scoppio, sfide che richiedono investimenti significativi».
Sia gli investimenti diretti sia gli acquisti di start-up tecnologiche costano centinaia di milioni di euro se non miliardi e spesso non rendono prima di parecchi anni o addirittura non rendono mai e finiscono per dover essere svalutati, come il progetto di auto elettrica General Motors degli anni 90, la scommessa di Peugeot sull’ibrido diesel o i tentativi fatti nello stesso periodo da vari costruttori (compresa la Fiat, con Viasat) di fornire servizi telematici agli automobilisti.
Gli investimenti a perdere sono naturalmente i più dolorosi, ma non c’è modo di evitarli. Bisogna davvero investire a 360 gradi per competere? È possibile economizzare? Il metodo delle alleanze è il più diffuso, mentre la soluzione estrema delle fusioni – propugnata di recente da Fiat Chrysler – non ha trovato per ora seguaci. Investire per restare in gioco è però essenziale, anche perché se non investissero le case automobilistiche lo farebbe qualcun altro: come Tesla nell’auto elettrica e Google in quella che si guiderà da sé.
Per quanto riguarda gli investimenti tecnologici si può fare una distinzione fra quelli nel core business – come il miglioramento dei motori a scoppio ai propulsori ibridi ed elettrici, dalla guida autonoma alla connettività – e quelli in campi adiacenti come i cosiddetti servizi di mobilità. Quest’ultimo è, fra le mode del momento, quella più concreta: il car sharinge i servizi a chiamata come Uber sono un indubbio successo, anche se il contributo ai conti economici delle case automobilistiche per ora è stato ridotto se non negativo. Bmw ha peraltro affermato di recente che il servizio di car sharing DriveNow – che ha appena debuttato a Milano – è già redditizio. Carlos Tavares, numero uno di Peugeot, ha fissato per il 2021 un obiettivo di 300 milioni di ricavi dai servizi di mobilità; una goccia nel fatturato complessivo del gruppo, ma una goccia che potrebbe anche fertilizzare le vendite di auto e permettere (nei piani di lungo termine di Peugeot) lo sbarco sul mercato Usa.
Per quanto riguarda l’auto a batterie, grande protagonista a Parigi, Dieter Zetsche, numero uno del gruppo Daimler e di Mercedes-Benz, ha detto che «il mercato dell’auto elettrica è come un party: chi arriva troppo presto balla da solo, ma chi fa tardi si perde spesso la parte migliore della festa. Il problema è azzeccare il tempo giusto». Azzeccare i tempi fa spesso la differenza fra un risultato economico positivo e uno negativo. L’investimento di General Motors negli anni 90 (con la due posti Ev1) finì in un ammasso di vetture rottamate nel deserto della California. Quello di Renault e Nissan di dieci anni dopo (si è parlato di un totale di 4 miliardi di euro) ha prodotto un gamma di vetture elettriche tuttora sul mercato e una quota del mercato mondiale che si avvicina al 50%, ma le vendite di auto a batteria «chiaramente non sono ancora profittevoli» diceva l’anno scorso Vincent Carré, responsabile marketing veicoli elettrici di Renault.
La speranza di Zetsche è che il momento giusto sia finalmente arrivato: «Il mercato in Europa è ancora sotto l’1%, ma c’è chi prevede che entro dieci anni un’auto su due sarà a batterie. Mentre l’autonomia cresce, entro il 2025 le batterie potrebbero costare un terzo rispetto al 2012; a quel punto l’intero gruppo motore costerà come motore e cambio di un’auto a combustione». Sarà davvero la volta buona?

DA FONTE “IL SOLE24ORE”