Efficienza energetica ad alta intensità
I consumi Ocse si riducono ai minimi dagli anni 80, indipendentemente dalla crisi economica Il caso virtuoso dell’Italia
Anni fa ci preoccupavamo del “picco del petrolio”. Il fenomeno, descritto per la prima volta dal geologo Marion King Hubbert nel 1956, identificava l’anno 2000 come il momento di massima produzione globale di greggio: superato quel punto, l’oro nero avrebbe cominciato ad esaurirsi, con effetti prevedibilmente disastrosi sugli equilibri politici mondiali. Quel momento, come sappiamo, non è mai arrivato e probabilmente aveva ragione lo sceicco Ahmed Zaki Yamani, voce ufficiale dell’Opec al tempo della crisi petrolifera degli anni 70, quando sosteneva che l’era del petrolio non finirà per mancanza di petrolio, così come l’età della pietra non finì per mancanza di pietre. Non bisogna dimenticare, infatti, che un mercato è fatto di offerta, ma anche di domanda. È proprio da quel lato che oggi vengono i maggiori cambiamenti e per una volta la visione ottimista prevale su quella catastrofista. Grazie al rapido sviluppo dell’efficienza energetica, alla crescente urbanizzazione, alle nuove abitudini di mobilità e alle tecnologie di generazione da fonti rinnovabili, il “picco della domanda” sta arrivando ben prima del “picco del petrolio”.
I consumi energetici mondiali, è il consenso degli esperti, dovrebbero cominciare a calare al più tardi nel 2035, ma i Paesi industrializzati hanno già raggiunto il picco della domanda totale di energia primaria nel 2007 e l’Unione Europea nel 2006. La crescita dei consumi di energia, in pratica, viene ormai solo dalla Cina, dall’India e dagli altri Paesi emergenti. Il consumo pro capite di energia nei Paesi Ocse è sceso a livelli che non si vedevano dal 1980, mentre il reddito pro capite non è mai stato così alto. I consumi totali evitati grazie agli investimenti in efficienza energetica avviati a partire dal 1990 hanno superato nel 2014 la soglia dei 520 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, che corrispondono ai consumi totali del Giappone e della Corea messi assieme. Sul piano dei consumi elettrici, la domanda ormai è piatta e sono stati risparmiati 2200 terawattora, tanto che le società elettriche si vedono costrette a diversificare nei servizi di efficienza alle imprese. Le tecnologie per l’efficienza sono diventate quindi una “fornitura virtuale”, a emissioni zero, in competizione con il petrolio, il gas, l’elettricità e le altre forme più tradizionali di consumi primari, contribuendo come e più di altre fonti energetiche a soddisfare il fabbisogno dei consumatori.
Il settore più interessato allo sforzo di efficienza è quello delle costruzioni, dove gli investimenti globali nel 2014 hnno superato i 90 miliardi di dollari, con gli Usa in testa a quota 23 miliardi e la Cina a seguire con 18 miliardi, di cui il 60% investito nel residenziale. Terza la Germania con 17 miliardi, soprattutto nelle ristrutturazioni dell’esistente. L’altro grande ambito sono i consumi elettrici delle industrie, che si stanno riducendo rapidamente nei Paesi sviluppati.
L’intensità energetica dell’Ocse infatti è migliorata, in media, di un altro 2,3% nel 2014, tornando ai livelli del 2000, mentre il Pil in questi 15 anni è aumentato di 8500 miliardi di dollari, con un incremento del 26%. Un chiaro segnale del disaccoppiamento fra crescita economica e consumi di energia. In particolare l’Italia ha migliorato la sua intensità energetica del 4,9%, a 107,6 tonnellate di petrolio equivalente (Tep) per ogni milione di euro di Pil, in base al nuovo rapporto dell’Enea, che verrà presentato tra un mese. Un risultato notevole per un sistema già molto virtuoso, che allarga ancora a -17,5% il gap con l’intensità energetica media dei 28 Paesi Ue. Solo il Regno Unito, fra i grandi europei, ci batte alla grande, con meno di 90 Tep per milione di euro di Pil.
Gli investimenti in efficienza degli ultimi 25 anni «sono la ragione principale del disaccoppiamento dei consumi di energia dalla crescita economica» nei Paesi industrializzati, fa notare l’International Energy Agency. Questi investimenti nel solo 2014 hanno permesso ai consumatori dell’Ocse di risparmiare ben 550 miliardi di dollari sulle materie prime energetiche, portando il risparmio complessivo su 25 anni a 5700 miliardi. Nel corso del 2015 in Italia hanno superato quota 5,5 miliardi di euro, in crescita di oltre il 10% annuo, in base al rapporto dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, che verrà presentato il 9 giugno (si veda articolo sotto in realtà aumentata, ndr).
Tra i Paesi Ocse, si stima che la Germania abbia evitato il volume più consistente d’importazioni energetiche, risparmiando 30 miliardi di dollari nel 2014 e aumentando il suo surplus commerciale del 12%. Il governo della prima economia europea punta a tagliare del 40% le emissioni entro il 2020 (rispetto ai livelli del ’90) e ha obiettivi molto ambiziosi per l’efficienza energetica: con l’Effizienzoffensive, annunciata proprio la settimana scorsa dal vice cancelliere Sigmar Gabriel, investirà 17 miliardi di euro, puntando a dimezzare il consumo di energia entro il 2050. La strategia europea è più prudente: l’obiettivo al 2030 è ridurre le emissioni del 40%, ottenere il 27% dell’energia da fonti rinnovabili e aumentare del 27% l’efficienza del nostro sistema energetico rispetto ai valori del ’90. Un programma comunque all’avanguardia rispetto al resto del mondo, dove i tagli ai consumi energetici e alle emissioni procedono più lentamente.
DA FONTE IL SOLE 24 ORE
“Elena Comelli“